Cratere a colonnette attico a figure rosse, Scena di toilette460-450
La società greca fu una società di uomini, fatta e pensata a misura dei maschi fossero essi politici, letterati o filosofi. Una comunità di uomini e per gli uomini e che come tale si esprime anche nell’arte.
Le donne greche sono giunte a noi attraverso lo sguardo maschile, ma, mentre ad essere celebrate dalla letteratura sono figure eccezionali e pericolose come Fedra o Clitemnestra, quelle raffigurate sulle ceramiche sono per lo più donne comuni, benché di estrazione aristocratica, ritratte durante le incombenze giornaliere.
La collezione di ceramiche attiche e magnogreche esposte a Vicenza, ci consente di ricostruire la quotidianità dell’esistenza femminile. La mostra Le ore della donna è la prima tappa di un percorso espositivo che si snoda attraverso i vasi della collezione di Intesa San Paolo, e che, proprio attraverso i vasi, intende ricostruire le attività e la vita quotidiana di uomini e donne vissuti oltre duemila anni fa. I pezzi esposti sono ceramiche a figure rosse, provenienti dalla necropoli di Ruvo di Puglia, oggetti di corredi funebri, realizzati nella madrepatria o in magna Grecia, tra il quinto e il terzo secolo avanti Cristo.
La mostra vuole essere un viaggio nel tempo e nello spazio: tempo che scandisce le varie tappe dell’esistenza femminile e spazio inteso come luogo fisico e ruolo sociale che competevano alla donna greca. Il tutto è filtrato attraverso lo sguardo maschile: erano infatti gli uomini a commissionare i vasi, come uomini erano i ceramisti che li decoravano
Le giornate delle donne, il cui matrimonio era l’unica aspirazione, si svolgevano esclusivamente nei ginecei, appartamenti separati da quelli maschili: un’esistenza appartata, tutta tesa all’organizzazione, anche economica della vita domestica, alla filatura dei tessuti e alla cura dei figli.
Vediamo raffigurate ragazze da marito, intente ad agghindarsi per piacere allo sposo. La donna qui è nel massimo del suo splendore, sfoggia gioielli e il ventaglio, attributo delle spose. Poi, dopo le nozze, le occasioni sociali si riducevano al minimo: alla padrona di casa restava il compito esclusivo di essere madre e di occuparsi delle incombenze domestiche. Stranamente, però, mai è raffigurato il momento del parto, che doveva essere il culmine dell’esistenza femminile.
Difficilmente le donne lavoravano fuori casa e se lo facevano era esclusivamente per necessità. Un particolare di donna lavoratrice è raffigurata nel Kalpis del pittore di Leningrado dove, nella bottega di un vasaio, tra i ceramisti possiamo scorgere una figura femminile.
Le donne indipendenti, che vivevano sole, erano per lo più le etére, ricche cortigiane uniche ad avere ricevuto educazione e cultura. Guardate con sospetto, le ragazze libere hanno caratteri androgini,come le donne alla fontana del cratere attico, che probabilmente sono proprio etére come si deduce dal laccio alla gamba della figura intenta a lavarsi, ritenuto un amuleto contraccettivo.
Temute, ma non prive di fascino, le donne autonome erano esorcizzate nei racconti mitici, nella rappresentazione di personaggi di fantasia. Guerriere come le amazzoni o sacerdotesse cruente di Dioniso quali le Baccanti raffigurate assieme al dio sul un cratere apulo del 350, mantengono sempre tratti mascolini perdendo un po’ della loro femminilità.
Nella morte che l’uomo e la donna si riunivano, le differenze di ruoli non avevano più senso . tanto che la loro anatomia tende ad assomigliarsi e i due sposi sono rappresentati in un aldilà idealizzato come un giardino fiorito.
LE ORE DELLA DONNA
Storie e immagini nella collezione di ceramiche attiche e magnogreche di Intesa Sanpaolo
Vicenza – Gallerie di Palazzo Leoni Montanari
fino all’11 aprile
da martedì a domenica 10.00 – 18.00